Scagionati con formula piena perché il fatto non sussiste. Si è concluso così il processo a carico dell’ex sindaco di Nettuno Chiavetta e dell’allora capo dello staff

Scagionati con formula piena perché il fatto non sussiste. Si è concluso così il processo a carico dell’ex sindaco di Nettuno Chiavetta e dell’allora capo dello staff

03/08/2020

Scagionati con formula piena perché il fatto non sussiste. Si è concluso così il processo a carico dell'ex sindaco di Nettuno Alessio Chiavetta e dell'allora capo dello staff del primo cittadino Marco Cestarelli, finiti a giudizio per l'ipotesi di reato di peculato. L'assoluzione è arrivata a distanza di due anni e mezzo dall'udienza preliminare e di fatto elimina qualsiasi dubbio sull'operato dell'allora primo cittadino e del capo staff. I giudici veliterni, infatti, hanno confutato quanto emerso durante le indagini preliminari condotte dalla Guardia di finanza, a margine delle quasi si decise per il rinvio a giudizio di Chiavetta e Cestarelli per l'ipotesi di peculato: i rimborsi spese finiti sotto la lente della magistratura risalivano al periodo compreso fra il 2009 e il 2012, ossia durante il primo mandato da sindaco di Chiavetta. Stando all'inchiesta, quegli esborsi sostenuti erano stati inseriti in modo considerato artificioso come spese di rappresentanza: vitto e alloggio per l'ex sindaco e presunte terze persone considerati viaggi istituzionali per 562 euro, oltre a cene e alberghi prenotati e pagati fra l'alto Lazio e la Puglia tra il 2009 e il 2011. E addirittura si era ipotizzato inizialmente un doppio rimborso per una cena all'interno di un ristorante. Infine, secondo le indagini preliminari era peculato anche il rimborso per il fondo cassa con cui vennero acquistati Nutella, merendine, cioccolata Kinder, acqua, caramelle, salumi, crocchette, hamburger e via dicendo per un totale di 1.323 euro. Ma tutto questo, secondo i giudici, non è assolutamente un reato: addirittura, anche alla luce di quanto riferito dalle difese e dai documenti depositati in sede di dibattimento che di fatto provavano la correttezza dell'operato dei due imputati, è stato lo stesso pubblico ministero Giuseppe Patrone a chiedere l'assoluzione di Chiavetta (difeso dagli avvocati Stefano Panzironi e Edmondo Tomaselli del Foro di Roma) e di Cestarelli (difeso dall'avvocato Giuseppa Marcelli del Foro di Tivoli): di conseguenza, i due sono stati scagionati con formula piena. Per le motivazioni occorrerà attendere 90 giorni, ma di fatto si pone fine a una vicenda ormai lontana nel tempo. Da sottolineare che, in aula, il Comune - per volontà dell'allora amministrazione a 5 Stelle guidata dall'ex sindaco Angelo Casto - decise di costituirsi parte civile. Ovviamente, vista l'assoluzione, non ci sono danni d'immagine né economici per l'ente. Fonte: Latina Editoriale Oggi. Autore: Francesco Marzoli

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Il Messaggero. Roma, lo sgomberano da casa e lui per vendetta stacca sanitari e infissi

Il Messaggero. Roma, lo sgomberano da casa e lui per vendetta stacca sanitari e infissi

11/11/2021

L'idea che la sua casa fosse stata messa all'asta non gli andava giù. E così prima di andare via ha smurato anche la porta di casa. Solo l'ultimo atto, perché deve avere il libero professionista romano, residente a Monteverde, deve avere impiegato più giorni per liberare a suo modo l'appartamento che riteneva gli fosse stato portato via ingiustamente e che invece era stato messo in vendita da un giudice per tre esecuzioni immobiliari, avviate per il mancato pagamento delle rate di un finanziamento, del condominio e degli alimenti alla moglie. Giorno dopo giorno il proprietario di casa in preda all'ira ha smontato gli infissi, i sanitari, la caldaia, le prese, i termosifoni, la veranda e persino il contatore del gas, provocando un danno, stabilito con perizia, di oltre ventimila euro. La conclusione, ieri, a piazzale Clodio: l'uomo, che era stato denunciato dal nuovo proprietario della sua casa e dall'Istituto vendite giudiziarie che ne era custode, è stato condannato a tre mesi di carcere con l'accusa di inosservanza a un ordine del giudice. La casa, infatti, una volta messa all'asta e correttamente aggiudicata avrebbe dovuto essere consegnata integra, così come disposto dal giudice che si era occupato dalla procedura esecutiva immobiliare e non fatta a pezzi: con le mura prese a picconate. L'idea che la sua casa fosse stata messa all'asta non gli andava giù. E così prima di andare via ha smurato anche la porta di casa. Solo l'ultimo atto, perché deve avere il libero professionista romano, residente a Monteverde, deve avere impiegato più giorni per liberare a suo modo l'appartamento che riteneva gli fosse stato portato via ingiustamente e che invece era stato messo in vendita da un giudice per tre esecuzioni immobiliari, avviate per il mancato pagamento delle rate di un finanziamento, del condominio e degli alimenti alla moglie. Giorno dopo giorno il proprietario di casa in preda all'ira ha smontato gli infissi, i sanitari, la caldaia, le prese, i termosifoni, la veranda e persino il contatore del gas, provocando un danno, stabilito con perizia, di oltre ventimila euro. La conclusione, ieri, a piazzale Clodio: l'uomo, che era stato denunciato dal nuovo proprietario della sua casa e dall'Istituto vendite giudiziarie che ne era custode, è stato condannato a tre mesi di carcere con l'accusa di inosservanza a un ordine del giudice. La casa, infatti, una volta messa all'asta e correttamente aggiudicata avrebbe dovuto essere consegnata integra, così come disposto dal giudice che si era occupato dalla procedura esecutiva immobiliare e non fatta a pezzi: con le mura prese a picconate. LA PERIZIA È stata una perizia a ricostruire le scene di distruzione, precisando quali fossero le condizioni della casa, prima e dopo l'intervento dell'ex proprietario. «In occasione del sopralluogo eseguito in data 18 novembre del 2016 il bene in esame si trovava in discrete condizioni di conservazione e manutenzione - premette l'esperto - lo stesso non presentava danni ed era agibile ed abitato e la suddivisione in due interni (effettuata dopo la separazione dell'imputato dalla moglie) era netta data anche la presenza di due ingressi e la suddivisione muraria era integra». Per poi aggiungere: «In occasione del sopralluogo del 2 marzo invece era notevolmente cambiata, l'appartamento presentava i seguenti danni: risulta mancante la porta finestra, non funzionanti 5 tapparelle esterne, rimosse le maniglie delle uniche 5 finestre non asportate, mancano 4 inferriate rimosse con danneggiamento della cortina del palazzo. Un elenco lungo, si prosegue infatti: 4 porte danneggiate e lasciate senza maniglia, più quella a scrigno direttamente sottratta, sradicate le 43 prese elettriche; il lavabo, il bidet, il water, la vasca e lo scarico del bagno fatti sparire; il muro divisorio dei due appartamenti abbattuto». Quantificazione del danno 22.400 euro, esattamente la cifra che l'imputato dovrà risarcire alla vittima, ossia al nuovo proprietario di casa, così come stabilito dal giudice Valeria Cerulli a corredo della condanna di ieri. LE REAZIONI «Il mio assistito aveva comprato la casa all'asta giudiziaria e il giorno della liberazione dell'immobile gli è stata consegnata devastata», commenta l'avvocato Stefano Panzironi, che nel procedimento ha assistito il nuovo proprietario della casa. «Siamo soddisfatti del pieno riconoscimento dei danni provocati». Per l'Istituto vendite giudiziarie, rappresentato dall'avvocato Carmine Lombardo, invece, è stato riconosciuto il risarcimento per le spese legali del procedimento, non avendo subìto danni diretti. Fonte: Il Messaggero Autore: Adelaide Pierucci

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Dal 6 luglio è attivo l’INAD, l’Indice che permette ai cittadini di comunicare più semplicemente con la Pubblica Amministrazione

Dal 6 luglio è attivo l’INAD, l’Indice che permette ai cittadini di comunicare più semplicemente con la Pubblica Amministrazione

06/07/2023

L’INAD, acronimo dell’Indice Nazionale dei Domicili Digitali, è attivo ufficialmente dal 6 luglio 2023 e ha un ruolo cruciale nella trasformazione tecnologica del nostro Paese poiché nasce per facilitare e digitalizzare le comunicazioni tra privati e Pubblica Amministrazione. Il canale consente a tutti i cittadini di attivare e segnalare il proprio domicilio digitale ovvero l’indirizzo PEC. Dal mese di luglio chiunque può collegarsi alla piattaforma ufficiale e inserire nell’INAD il proprio indirizzo di posta elettronica certificata: l’email da quel momento è resa disponibile a tutti gli uffici pubblici e usata come canale preferenziale per l’invio di qualsiasi comunicazione con validità legale, come multe, atti, imposte, cartelle e documenti. Perciò, anche se l’apertura della PEC non è obbligatoria per i privati, diventa comunque uno strumento cruciale per comunicare con la P.A. INAD si presenta come una piattaforma online accessibile sia al cittadino (che può inserire i suoi contatti), sia agli uffici pubblici (che possono utilizzare i dati per inviare comunicazioni online). Se prima la P.A. utilizzava principalmente l’elenco di indirizzi fisici per inviare comunicazioni cartacee, dal 6 luglio dovrà prima accertarsi che non esista un indirizzo PEC della persona da contattare. Ciò avviene attraverso la consultazione dell’INAD: se l’incaricato trova la PEC è tenuto a inviare le comunicazioni all’indirizzo digitale e non fisico, come avviene tuttora. I cittadini italiani dal 6 luglio possono connettersi al sito ufficiale tramite SPID e inserire nel registro la propria PEC, che ad oggi rappresenta l’unico modo per attivare il domicilio digitale. Dopo la registrazione all’indice, la posta certificata diventerà il principale canale di comunicazione da e verso la Pubblica Amministrazione. Per esempio, potrebbe essere utile per chi vuole usare la PEC per iscriversi a concorsi pubblici. L’invio dei documenti cartacei sarà possibile fino al 30 novembre 2023:

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